RINASCITA, prodotto da OSB Records, pubblicato da Warner Chappell Music Italiana e distribuito digitalmente da Artist First, è un diario musicale da sfogliare a occhi chiusi per sentire pensieri, ricordi, emozioni. L’album è una raccolta di dieci brani composti e suonati da Paolo Cognetti da solo al pianoforte, corrispondenti a particolari esperienze di vita e riflessioni private del pianista, da raccontare con immediatezza e profondità attraverso le note. Paolo sceglie, così, di confidare generosamente i suoi misteri all’orecchio sensibile di chi apre il cuore ai suoi tasti bianchi e neri. E per incanto, ciò che in origine è stato concepito come un fatto intimo e personale, si trasforma attraverso il pianoforte in qualcosa capace di parlare a tutti, di somigliare all’esperienza di chiunque, assumendo significati sempre nuovi e universali. Il desiderio di realizzare questa magia della condivisione tra esseri umani attraverso la musica è l’energia che anima RINASCITA.

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Rinascita - l'album track by track

La mia musica per pianoforte solo è un diario musicale. Proprio come in un diario, ciascun brano si relaziona a un evento, un’emozione, un pensiero e li racconta, con immediatezza ma mai con superficialità, attraverso le note. L’album Rinascita è una prima raccolta di queste composizioni ed esprime l’esigenza e il desiderio di condividere con gli altri ciò che in un primo momento era stato concepito come un fatto privato, nella convinzione che la musica anche, ma paradossalmente soprattutto, quando nasce da una singola esperienza di vita possa parlare a quella di tutti, così fecondandosi e assumendo significati sempre nuovi.

Rinascita

Rinascita, la traccia che dà il titolo all’album, riflette un momento di svolta nella mia vita. Rinascita è la scelta che, per definizione, esclude tutte le altre, il rischio che tale scelta comporta ma anche la fiducia con cui la si opera. Musicalmente questo percorso si realizza con un elemento che, presentato all’inizio del brano, dopo aver esplorato la sua natura da varie angolature, trova, al termine di un intenso crescendo, una sua decisiva trasformazione.

Da nessuna parte

Brano che riflette un momento in cui avevo deciso di valorizzare la dimensione razionale accantonando, per quanto possibile, la sfera emotiva: l’estrema quadratura formale, l’essenzialità tematica e la regolarità ritmica sono, pertanto, le sue più evidenti caratteristiche. Al termine della scrittura realizzai che questo atteggiamento non mi avrebbe portato da nessuna parte, da cui il titolo.

Viagem

Viagem – «viaggio» in portoghese – è un brano scritto di getto, sull’onda emotiva provocata da un lutto. Un frammento melodico attraversa, in quella che vuole essere una concisa metafora della vita di ogni essere umano, le quattro sezioni che lo compongono: la prima si riferisce alla mondanità; la seconda ha una natura più marcatamente spirituale; la terza restituisce, con la sua ciclicità, il senso di un percorso, di un movimento con forte direzionalità; la quarta, infine, è il distacco dal corpo, rappresentato simbolicamente dai suoni (anima) più acuti del pianoforte, eseguiti con la più esile delle sonorità (allontanamento), contrapposti a quelli della meccanica dello strumento (corpo).

Tema

Un momento di pura contemplazione, un luogo ideale di serenità dove i conflitti sono soltanto un’eco lontana, dove perdersi per ritrovarsi seguendo il destino di quello che è, né più né meno, un semplice tema.

Siamo o non siamo su un’invisibile trottolina, cui fa da ferza un fil di sole, su un granellino di sabbia impazzito che gira e gira e gira, senza saper perché, senza pervenir mai a destino, come se ci provasse gusto a girar così…?

Intorno

Così L. Pirandello ne Il fu Mattia Pascal, in una delle più celebri formulazioni del suo pessimismo. Sono stato molto attratto da questa visione “cosmica”, facendola mia per molti anni. Tuttavia la musica, intesa come atto creativo, nega per definizione una prospettiva priva di orizzonti di senso (se nulla ha significato perché scrivere?). Intorno, brano centrato quasi interamente su un unico elemento tematico che sembra girare costantemente su stesso, segna, per me, il completo affrancarsi da questa prospettiva: se anche fossimo su una “invisibile trottolina“, su un “granellino di sabbia impazzito” questo non renderebbe la vita meno degna di essere vissuta.

Immobile di fronte all’abisso

Immobile di fronte all’abisso precede idealmente Rinascita, riflettendo un momento in cui mi sentivo incapace di operare scelte incisive.
La visualizzazione ricorrente era quella di un abisso, inteso come luogo positivo in cui mi attendeva la felicità, lungo il quale camminavo, tra le luci e le ombre che via via emergevano, senza decidermi a saltare, impaurito dal rischio che ogni atto di fiducia porta con sé.

Un altro sguardo

Questo pensiero di A. de Mello mi accompagna da molti anni. Quando lo racconto ai concerti il pubblico sorride: non si può negare la verità della seconda affermazione, ma l’idea che questo approccio possa davvero essere uno strumento di pace, anche quella interiore, è difficile da comprendere e accettare. Guardare al mondo con occhi nuovi fa parte di questo processo di continuo cambiamento di sé che è stato, è e sono sicuro sarà, risolutivo in molte occasioni. Il brano, con le sue “aperture” musicali, cerca di raccontare la gioia che deriva dalla freschezza di un altro sguardo.

Se è la pace che vuoi, cerca di cambiare te stesso, non gli altri. È più facile proteggersi i piedi con delle pantofole che ricoprire di tappeti tutta la terra.

Gaze in thine own heart […] è sul tempo che passa, […] sul cadere e rialzarsi, sulla notte e la luce che solo dentro di essa si può trovare, sull’ascolto, sull’attesa, sulla pazienza, sulla malinconia, sulla dualità, sul mare, sul conflitto, sulla dissonanza, sulla trasformazione di sé

Gaze in thine own heart

Nel 2014 ho passato alcuni mesi a Los Angeles in quello che fu, per me, uno dei momenti di più intensa trasformazione. Lontano dai luoghi e dalle persone con le quali si erano plasmate le mie modalità esistenziali, (ri)scoprii una dimensione che avevo dimenticato: la libertà di essere quello che sono. In questa libertà emersero aspetti nuovi della mia personalità, alcuni piacevoli, altri no. Gaze in thine own heart racconta queste scoperte e i conflitti interiori che ne derivarono: l’andamento complessivo del brano, sia nei suoi aspetti formali sia nei suoi elementi costitutivi, è quasi manicheo, con la sua netta contrapposizione di bene e male, luce e ombra, che oggi non condivido più e che ho sostituito con un atteggiamento che pone maggiormente l’accento sulla complessità e contraddittorietà della nostra anima, ma che allora era molto rilevante per me. Così scrivevo a un’amica a cui feci ascoltare il brano appena concluso e che avevo intitolato con una citazione della poesia The Two Trees di W. B. Yeats.

Piccola Danza

Un’amica steineriana definì questo brano “celtico”: se è vero che alcune sue caratteristiche possono evocare quel mondo sonoro ad oggi non sono sicuro di aver capito fino in fondo le ragioni di quel riferimento. Ho voluto condividere questa considerazione perché amo pensare alla musica sempre come al frutto di un incontro: tra l’autore/autrice con se stesso/a e con il brano, tra il brano e il pubblico o la sua registrazione – una delle infinite possibili -, tra l’autore/autrice e il pubblico e via di seguito, in un risultato che, complicato dalla natura dinamica di tutti i soggetti coinvolti, ha esiti imprevedibili e inesauribili. Il brano, con il suo ritmo ternario che evoca, stilizzandola, la dimensione coreutica, nasce dal puro e semplice desiderio di scrivere e in questa sua natura, per così dire, “astratta”, risiede la possibilità di relazionarsi ad esso con grande libertà.

Onde

Avevo vent’anni, il giorno dopo sarebbe stato il compleanno di mia sorella e, come talvolta succede, mi ero ridotto all’ultimo per farle un regalo. Decisi di dedicarle una mia improvvisazione pianistica che registrai la notte stessa per dargliela l’indomani: la intitolai complessivamente Mare d’inverno. Numerosi anni dopo mi ricapitò tra le mani il cd e lo riascoltai con curiosità: la seconda parte della composizione, Onde, mi colpì così profondamente da volerla trascrivere su pentagramma. È il più meditativo dei miei brani, tutto incentrato su un’esperienza che, per banale che sia, amo moltissimo, ovvero lo stare in silenzio in riva al mare. Il principale elemento musicale evoca il caratteristico movimento dell’acqua sulla battigia; si alternano momenti in cui le note toccano, unendoli, registri lontani dello strumento, un po’ come quando lo sguardo abbraccia tutta l’ampiezza del paesaggio, con altri, in cui le mani sono vicine tra loro, che evocano il concentrarsi su un dettaglio, un sasso, la schiuma, una trasparenza; l’uso costante del pedale crea una moltitudine di risonanze, così vicine, nella loro natura, ai riflessi prodotti dall’acqua; il colore del mare si trasforma, un po’ perché cambiano le condizioni atmosferiche, per una nuvola o il calar del sole, un po’ perché cambia il nostro sguardo su di esso, specchio dell’anima per eccellenza, e così nella musica a sezioni luminose e apollinee se ne avvicendano altre più scure, quasi minacciosi presagi, e altre ancora, di transizione in cui, come spesso succede nella vita, non è possibile stabilire cosa prevalga e a imporsi è semmai la consapevolezza della complessità.


Crediti

Musica composta ed eseguita da Paolo Cognetti

Prodotto da Lawrence Fancelli e Paolo Cognetti

Registrazione e mix: Lawrence Fancelli all’Officina Sonora del Bigallo

Master: Tommy Bianchi al White Sound Mastering

Assistente di mastering: Niccolo Caldini

Fashion Designer e Stylist: Erica Marigliani

Fotografia: Andrea Cresci

Artwork: WOS-UP

Etichetta: OSB RECORDS

Edizioni: Warner Chappell Music Italiana

Distribuzione digitale: Artist First

Avvocato: Mario Palazzi

Ufficio stampa: Pixie Promotion – Raffaella Tenaglia